Lectio Divina - 08/02/2011

Mc 1,40-45

40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Lectio

È terminata la notte e siamo di fronte ad un nuovo caso di guarigione, pieno di trasgressioni: il lebbroso va da Gesù; Gesù lo tocca; raccomanda il silenzio; anziché andare a Gerusalemme va altrove ad annunciare il vangelo; Gesù sta fuori in luoghi deserti, come Giovanni il Battista e gli emarginati. La lebbra è una morte visibile, un disfarsi progressivo della vita… una vera tragedia!!! Per il lebbroso vige solo la legge dell’esclusione, che è un’ulteriore morte oltre a quella a cui si sta preparando fisicamente. Questo lebbroso è l’immagine dell’uomo che vive tutta la vita nella paura di affrontare qualsiasi tipo di morte. Ma quest’uomo, prossimo alla morte e solo nel mondo, viene salvato, liberato, mondato; e così viene a rappresentare la guarigione totale dell’uomo dalla situazione di morte. Viene a lui… il lebbroso viene ma non potrebbe venire. Però bisogna considerare che noi abbiamo il diritto di andare a Dio non per i nostri meriti, ma per i nostri limiti, peccati e per tutto ciò che ci esclude dalla vita, perché Lui è vita. In questo miracolo non si dice il nome di quest’uomo, il tempo, la provenienza… tutto è indeterminato, tranne la lebbra. Invoca… l’uomo di per sé è invocazione (simile al concetto di preghiera – precario – si vive di ciò che l’altro ti dà), perché capisce che la vita dipende da ciò che potrebbe avere da Gesù, e da ciò si deduce che la relazione è tale perché l’altro si concede e la concede. Cade in ginocchio… lascia cadere anche il pudore, perché dice che il nostro limite sta nel bisogno dell’altro. Se vuoi… desidera una vita bella, buona, integrata fisicamente, socialmente e spiritualmente. Chiede di essere mondato, cioè liberato da tutto ciò che sa di morte o conduce ad essa. Quest’uomo vuole abbandonare questa situazione di piena instabilità. Ciò è un grande insegnamento, perché dice che non bisogna mai rassegnarsi a qualsiasi “situazione di lebbra”. La richiesta di essere mondato non deve essere un’esigenza, perché non rispetterebbe l’altro nel suo sapersi donare, ma semplicemente una presa di coscienza che l’altro, nel mio bisogno, è sempre vicino con il suo amore (cfr. l’episodio di Naaman il Siro). Ecco che il testo precisa che Gesù lo vuole, anche se a chiedere la guarigione deve essere l’uomo, perché l’uscita da una situazione precaria la deve desiderare prima di tutto la persona ammalata. Commosso/Adiratosi (secondo alcuni cod)… Gesù davanti al male si arrabbia, mentre l’uomo si rassegna. Questa di Gesù è un’ira salvifica, perchè c’è bisogno di cambiare la situazione in cui ci si trova; si arrabbia contro la malattia tanto da prenderla su di sé. Lo toccò… la mano è segno di potere e umanizzazione, anche quando per l’uomo sono situazioni “intoccabili”, da evitare, dannose. Per sconfiggere il male c’è bisogno dell’incontro di due volontà: se vuoi-lo voglio. La mano tesa indica tutto il potere di Dio (cfr. l’uscita dall’Egitto), e lo tocca… il toccare è un’azione reciproca che coinvolge, volenti o nolenti, entrambi i soggetti (se tocchi… sei toccato!); solo in questo modo si infonde vita e salvezza nell’altro. Emerge in modo chiaro che per salvare le persone, è necessario contravvenire alla legge… perché alcune volte l’osservanza pedissequa delle regole può portare alla morte prematura. Sbuffando, lo manda via… come mai questo atteggiamento? Gesù guarisce non per “fare discepoli”, ma per lasciare liberi. Il lebbroso, riscattato da Gesù, viene spedito nel tessuto delle relazioni, si esce dall’isolamento e ci si ritrova con la comunità. Il silenzio imposto è una costante di tutti i miracoli… perché il vero miracolo è l’amore di Dio per l’umanità. Và dai sacerdoti… la testimonianza che deve dare il lebbroso è questa: Mosè ha dato la legge, ma c’è Uno che guarisce dalla lebbra, contravvenendo alle regole, e reintegra chi la legge esclude… tutto questo solo per amore. Qualcuno supera Mosè!!! Egli uscito… proclama, diventa come Gesù: diffonde la parola nuova, il Vangelo = la persona di Gesù. Il lebbroso può fare questo perché è diventato “uomo nuovo”, ha vinto la morte, la solitudine, il male ecc. Gesù non può entrare in città… la prima regola per i lebbrosi è non entrare in città. E ora questa legge si applica a Colui che ha vinto la lebbra… viene considerato un lebbroso. Allora se ne sta fuori nel deserto… diremmo escluso. Ma lui non è escluso, perché accorrono a Lui da ogni parte… si esce dalle città dove c’è la vera lebbra dell’esclusione e si va nel deserto, come nuovo popolo di Dio, a fare esperienza dell’amore che Dio rivela in Gesù, l’escluso per eccellenza. Forte di tutto questo, si può dire che nel lebbroso c’è tutto il mondo delle relazioni perdute e ricuperate. Se il lebbroso è l’esempio di un’umanità ripristinata, anche noi possiamo sperare di ottenere una vita nuova… se lo vogliamo!!!

 

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