Lectio Divina - 28/03/2012

Racconto della Passione secondo Marco

Raccontare la Passione, storia triste, fallimento manifesto, è un compito molto difficile. Il protagonista viene messo a morte e subirà un supplizio crudele e ignominioso. Comunque sia, l’evangelista dovrà rendere conto, narrativamente, di questo scandalo: come mai un giusto ha potuto essere eliminato in quel modo? E Marco racconta tutto questo come egli è abituato a fare. Il racconto della Passione comprende due grandi unità: la prima che si svolge nella cerchia dei discepoli, incentrata attorno all’ultima cena con i Dodici, e al seconda ha il suo centro di gravità nel processo davanti a Pilato. La prima (14,1-50) è impostata su uno schema concentrico semplice, con le estremità che fanno da inclusione, mentre lo stesso centro è disposto in modo simmetrico e antitetico (cfr. Giuda e Pietro).

A. 14,1-11: Introduzione (Strategia delle autorità Giudaiche, Unzione di Betania, Giuda)

B. 14,12-16: la preparazione del pasto

C. 14,17-31

1. 17-21: Annuncio del tradimento di uno dei dodici

2. 22-25: Il pasto

3. 26-31: Annuncio dello scandalo di tutti e rinnegamento di Pietro

D. 14,32-42: la veglia nel podere del Getsemani

E. 14,43-50: arresto (Giuda giunge con una delegazione delle autorità giudaiche).

La seconda parte del racconto della passione (14,53-15,41) è composta da tre momenti: il primo racconta il processo davanti al Sinedrio, inquadrato dal rinnegamento di Pietro; il secondo momento costituisce il centro e il culmine di tutta l’esposizione: davanti a Pilato, con il concorso della folla e dietro istigazione dei capi dei sacerdoti, Gesù viene condannato a morte mediante la crocifissione; il terzo momento racconta l’esito tragico della vicenda, con i soldati romani che crocifiggono il condannato. Schematicamente:

A. 14,54: Pietro segue da lontano

B. 14,55-65: Processo davanti al Sinedrio

A1 14,66-72: Rinnegamento di Pietro

C. 15,1-15: Processo davanti Pilato

D. 15,16-41: Esecuzione della condanna a morte

In tutto questo sono da includere due racconti di transizione, collocati fra le due parti e alla fine della seconda: si tratta di Mc 14,51-52 (la fuga del giovane nudo), inserito alla cerniera delle due grandi parti, e di Mc 15,42-47 (la sepoltura), episodio che fa da ponte con l’epilogo (16,1-8).

Ciò che unifica queste due grandi unità concentriche in una sola sezione è, oltre all’azione drammatica in sé, il modo in cui Marco “tesse le estremità, mescolandole” (Luciano di Samosata). Nella prima unità il centro si gioca nell’intimità più stretta, con Gesù che prende il suo ultimo pasto con i Dodici. Alle estremità di questa unità compare l’opposizione (i capi dei sacerdoti, gli scribi, e gli anziani – 14,1-2.10. 43-53). Nella seconda sezione il rapporto è invertito: al centro c’è il processo davanti a Pilato, dove si riuniscono sia tutti i gruppi che compongono il sinedrio sia la folla, ma sono assenti i discepoli. Alle estremità invece si parla di Pietro “che seguiva da lontano” e delle donne ai piedi della croce, “che guardavano a distanza”. Questa alternanza dei due ambienti, quello dei discepoli (A) e quello degli oppositori (B), tesse tutta la sezione e l’unifica sia sul piano retorico sia su quello drammatico.

Peculiarità Marciane

In questi due capitoli si concentrano i due nuclei tematici attorno ai quali ruota l’intera narrazione marciana: l’identità e il ruolo di Gesù il Cristo e Figlio di Dio da una parte e l’identità e il ruolo dei suoi discepoli dall’altra. Nel racconto due sono i momenti a chiaro contenuto cristologico: la dichiarazione solenne di Gesù davanti al sommo sacerdote durante l’istruttoria notturna e la professione di fede del centurione ai piedi della croce. La riserva di Gesù sulla sua identità di Messia e Figlio di Dio, sottolineata il tutto il vangelo, qui è tolta (Mc 14,61-62). Il rischio di un fraintendimento dell’identità e del ruolo di Gesù, nella sua condizione in stato di arresto e minacciato di morte non esiste più, anzi proprio ora incomincia a rivelarsi il suo vero volto di Messia in quanto Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio. Attraverso i drammatici avvenimenti della passione, Gesù appare come il Figlio dell’uomo perseguitato, prototipo di tutti i perseguitati e oppressi della storia umana. In questa situazione egli rimane fedele al progetto di Dio, accolto in piena libertà e fiducia. Alla fine del dramma, il centurione che assiste alla sua morte esclama: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39). Al sommo della solitudine mortale Gesù rivela la sua vera identità. Marco con grande abilità guida il lettore attraverso la serie progressiva dei fallimenti e degli scacchi di Gesù fino alla morte di croce. Solo a questo punto egli svela il significato della professione di fede che sta all’inizio del vangelo: “Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1). Tranne il Getsemani e la Croce, non ci sono particolari che suscitano emozioni o accennano ai sentimenti di Gesù, in quanto l’interesse cristologico è l’unica chiave di lettura della passione secondo Marco. Per la tradizione, che ha conservato e trasmesso i ricordi della passione e morte di Gesù, come l’evangelista Marco, sembra che l’unico problema sia questo: che senso ha una vicenda tanto assurda? Gesù, giustiziato come un criminale sulla croce, può essere la rivelazione di Dio? Per dare un senso e una risposta a questi interrogativi di fondo l’intera vicenda della passione viene letta come in filigrana per scoprirvi le convergenze con il piano di Dio. Qua e là appare in superficie la lettura biblica della passione: Gesù è maltrattato, insultato e ucciso come il giusto del Ps 22. Attraverso lo scacco e l’umiliazione si realizza la speranza di chi rimane fedele a Dio. Inoltre, Gesù avanza verso la passione con il gruppo dei discepoli, ma progressivamente si trova abbandonato e solo fino a quando, sulla croce, sarà circondato soltanto dagli avversari che lo insultano. Al momento dell’arresto tutti i discepoli fuggono. Pietro, che tenta di seguirlo “da lontano”, lo rinnega clamorosamente. L’unico residuo del gruppo, mute testimoni della morte, sono le donne che lo hanno seguito dalla Galilea (Mc 15,40.47). L’incomprensione e la paura, che hanno caratterizzato i discepoli nella seconda parte del racconto marciano, durante la passione raggiungono l’acme. Lo scandalo del Messia crocifisso, del Figlio dell’uomo dato nelle mani dei peccatori, ora è totale. Ma proprio da qui deriva la conseguenza più urgente ed efficace per una comunità cristiana che teme di guardare con realismo alla croce di Gesù. La fedeltà di Gesù nell’umiliazione e nella morte vergognosa, non è solo la rivelazione del volto di Dio, ma anche il paradigma e l’energia interiore per l’impegno di ogni credente.

 

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