Lectio Divina - 06/06/2012

Mc 14,12-16.22-26

12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14 Là dove entrerà, dite al padrone di casa: «Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?». 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. 22 E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».26 Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Lectio

L’Eucarestia (E) è la presenza “eminente” di Gesù nella vita degli uomini e della Comunità Ecclesiale. La Chiesa, che considera l’E fonte e culmine della sua vita e della sua missione, vive dell’E stessa poiché in essa è racchiuso tutto il suo bene spirituale. Non si deve dimenticare quindi che la presenza sacramentale del Corpo e del Sangue di Cristo è una conseguenza del memoriale e del sacrificio realizzati nella santa Messa e che la conservazione dell'Eucarestia ha come scopo primo e primordiale l'amministrazione del viatico ai moribondi, e, come fini secondari, la distribuzione della comunione e l'adorazione di nostro Signore fuori della Messa (Rito cit. n. 5). Questi grandi temi del mistero eucaristico compaiono nelle orazioni nei tre prefazi contenuti nel Messale e nel brano evangelico proposto dalla liturgia, che presenta una scena avvolta da un alone di mistero e di segretezza: dovendo recarsi a Gerusalemme per mangiare la Pasqua, il Maestro, interpellato dai discepoli, chiede a due di loro di precederlo e di preparare ogni cosa. L’itinerario loro indicato si inoltra in spazi sempre più interni (dalla città in una casa e da questa in una stanza al piano superiore), seguendo l’enigmatico segno di un uomo che porta un’anfora d’acqua. I discepoli non sono incaricati di cercare un agnello e di immolarlo nel tempio, secondo il rituale della Pasqua, ma di cercare e di predisporre una stanza dove il Maestro possa mangiare la Pasqua con loro. La preparazione della Pasqua, pertanto, va intesa in senso ampio: i due discepoli devono predisporre ogni cosa, ma soprattutto se stessi, affinando la propria capacità di cogliere il senso delle cose al di là degli eventi puri e semplici. La Pasqua che essi preparano assumerà per Gesù un significato tutto particolare, reso molto bene dall’evangelista Marco proprio dall’espressione mangiare la Pasqua, riferita esclusivamente a Gesù. Il pane spezzato e il sangue versato. Se Giuda crea una rottura in seno alla comunità, separando Gesù dai suoi e consegnandolo a coloro che lo metteranno a morte, Gesù, dopo essersi dichiarato pienamente cosciente di quanto si sta verificando, fa della consegna il segno per eccellenza della Pasqua che sta per vivere: lui stesso si consegna, sotto il segno del pane, nelle mani dei suoi; lui stesso compie il gesto dello “spezzare” che non va colto solo come un’azione necessaria alla condivisione (i discepoli potevano benissimo farsi passare il pane tra loro e prenderne ciascuno un pezzo), ma soprattutto come espressione di una logica che Gesù fa propria e che ritiene atta a esprimere il dono di sé. Giuda spezza la comunità con una scelta di tradimento, Gesù riunisce la stessa comunità con la scelta di una donazione totale. Quando nel testo (v.22) si dice: “Questo è il mio corpo”, il pronome dimostrativo non fa riferimento solo al pane in quanto tale, ma a quello che il pane è diventato grazie alle azioni compiute da Gesù che lo ha preso, benedetto, spezzato, offerto. In altre parole, il punto di unità e di condivisione tra i discepoli e Gesù non è un pane, ma una logica di vita (cfr. Mc 6,35-44). Se le parole sul pane vengono pronunciate nel momento stesso in cui questo, dopo essere stato spezzato, viene offerto ai discepoli, il calice viene prima condiviso – ne bevvero tutti – e poi su di esso vengono pronunciate le parole di Gesù: Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. Queste parole pronunciate da Gesù fanno sì che il sangue di Gesù stesso, versato dall’atto del traditore e di quanti lo condanneranno a morte, assuma il valore di un’alleanza per molti. Se il pane richiama il dono del Maestro che i discepoli sono chiamati a fare proprio, il calice richiama l’alleanza che verrà stipulata nel momento in cui tale dono raggiungerà la sua manifestazione più radicale: quello dello spargimento di sangue nella passione e morte. le uniche due volte dell’AT in cui si parla del “sangue dell’alleanza” sono Es 24,8; Zc 9,11. Qui l’evangelista sembra evocare il primo brano dove Mosè versa sull’altare metà del sangue degli animali sacrificati e con l’altra metà asperge il popolo, siglando in tal modo il patto tra Dio e Israele. Stando a questa logica, il sangue, più che essere segno di purificazione, è segno di comunione. Questa dimensione è sottolineata dal nostro brano nel dire che tutti bevono da un unico calice. In questo modo Gesù pone le basi del nuovo culto destinato a sostituire quello antico.

Note

Preparare/fare/vivere la Pasqua: è questa un’espressione che richiama all’impegno quotidiano nel vivere il quotidiano come un “passaggio verso…”, ricordando a noi stessi che siamo eterni pellegrini/apolidi/senza fissa dimora. La MIA stanzasuperiore”: Colpisce il fatto che in ogni casa Gesù vuole avere la sua stanza, quella eccellente (superiore), dove poter incontrare l’uomo… certamente tutti siamo a conoscenza di questo posto, ma non vi vogliamo entrare per evitare di scoprire la nostra verità. L’opera di Gesù consiste nel condurre l’uomo verso l’introspezione. Marco qui usa il termine greco katalyma (cfr. Lc 2,7) l'«albergo» dove Giuseppe e Maria non hanno trovato posto per la nascita di Gesù. Spezzare/Versare chi prende tutto come dono ha la capacità di spezzare e di dare: diventa come il Padre. In questo sta l’identità del Figlio. Lo spezzare e il Versare richiamano il sacrificio della croce in un contesto in cui è difficile “morire per…”

 

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