Lectio Divina - 9/6/2011

 

Atti 2,1-13

2,1  E nel compiersi il giorno della Pentecoste essi erano tutti insieme nello stesso luogo. 2 E ci fu all'improvviso dal cielo un suono come d'irrompente forte soffio e riempì l'intera casa dove erano seduti, 3 e furono viste da loro lingue come di fuoco che si dividevano e (ciascuna) sedette su ciascuno di loro; 4 e furono riempiti tutti di Spirito Santo e iniziarono a parlare altre lingue come lo Spirito dava loro di proclamare. 5 Ora risiedevano in Gerusalemme dei Giudei, uomini pii di ogni nazione di quelle sotto il cielo. 6 Ora, venuta questa voce, si riunì la moltitudine e fu confusa perché ciascuno li ascoltava parlare nel proprio dialetto. 7 Ora erano fuori di sé e si meravigliavano dicendo: Quelli che parlano non sono Galilei? E come mai noi li ascoltiamo 8 ciascuno nel nostro proprio dialetto nel quale fummo generati? 9 Parti e medi ed elamiti e gli abitanti la Mesopotamia la Giudea come la Cappadocia, il Ponto e l'Asia, 10 la Frigia come la Panfilia, l'Egitto e le parti della Libia, quella presso Cirene, e i residenti romani, 11 giudei come proseliti, cretesi e arabi, li ascoltiamo proclamare nelle nostre lingue le grandezze di Dio! 12 Ora tutti erano fuori di sé ed erano perplessi dicendo l'un l'altro: Che cosa vuol dire questo? 13 Altri invece schernendo dicevano: Di mosto sono ripieni.

 

Lectio

Con questo giorno comincia il Giorno senza fine, senza tramonto, perché è il Giorno dello Spirito che non ha né fine né confini. È il punto di arrivo di tutta la storia della salvezza: è il secondo giorno, dopo quello della creazione, perché si riceve lo Spirito… ed è il senso di tutta la storia della salvezza, come viene detto all’inizio del vangelo da Giovanni Battista: Sarete battezzati in Spirito Santo e Fuoco. Come sottofondo a questo testo c’è la teofania di Es 19,16-19 e le 10 Parole che scendevano da Dio, la legge, e dicevano cosa è giusto e cosa no. Qui invece abbiamo lo Spirito, Amore di Dio, che ci invita ad amare. Come contro fondo c’è il racconto della Torre di Babele di Gen 11dove tutto è finito perché regnava la confusione. Qui, invece, c’è una sola lingua compresa in tutte le lingue: l’unità nella diversità. Il senso di questo testo è proprio quello di dire che se non si cresce nell’Amore si muore. v.1. Tempo e Luogo della Pentecoste… in precedenza i discepoli tornano a Gerusalemme per attendere il dono dello Spirito, così come aveva detto il Signore. Ma Gerusalemme è il luogo della croce, dell’amore di Dio, e se ci si allontana da Gerusalemme si rischia di inventarsi altro… che allontana dall’amore di Dio. Restare a Gerusalemme significa essere generati dall’Amore di Dio. Tutti nasciamo a Gerusalemme!!! A Gerusalemme si sta in attesa… dove l’attesa è preghiera e comunione fraterna. Il frutto della preghiera è lo Spirito: Dio ci dà se stesso. In questo clima di “attesa” si capisce il Mistero della Morte di Gesù = è una morte per amore, per me e mi dà lo Spirito. Pentecoste… una festa pagana, delle messi/ dei raccolti. Israele ha preso questa festa e l’ha trasformata in festa della Legge, perché  il vero frutto della terra è che l’uomo viva per la Parola di Dio e la Giustizia di Dio. Allora è la festa delle feste; è quello il giorno di Dio, quello che non ha tramonto, quello del compimento di tutto il piano di Dio, perché ogni uomo riceve il dono dello Spirito, che dà la capacità di fare, e non solo di indicare, il bene. Si passa dall’indicazione alla pratica. Noi diventiamo il tempio di Dio.  Stanno insieme… è il luogo dove sono stati vissuti tanti momenti, dove ora si ritrovano, dove nasce la chiesa. Questo luogo rappresenta la nostra interiorità dove noi siamo in comunione con Dio, con Noi stessi, con tutti gli altri. In questo luogo la comunità si ritrova a livello più profondo perché pronta a ricevere lo Spirito. Il tempo migliore, favorevole, per ricevere lo Spirito è quello della preghiera, della meditazione della Parola per comprendere il Mistero di Dio e viverLo. Il luogo è il nostro Cuore, dove Dio è più intimo a noi stessi, lì Lo incontriamo e incontriamo noi stessi e gli altri. Il Cuore è la nostra finestra su Dio e sul mondo… e di lì vediamo e ammiriamo tutto. Allora il Cuore è Dio stesso nell’Uomo. vv.2-4… Come viene percepito lo Spirito? 1. Come suono… che viene dal Cielo, da Dio, e irrompe in modo forte come un soffio, come il soffio creatore di Dio che ha fatto il mondo. Cos’è che ha fatto il mondo? È l’amore di Dio, il suo Soffio, la sua Vita comunicata a noi. Di questo suono/amore è riempita tutta la casa dove sono seduti. Lo stare seduti richiama all’atteggiamento del discepolo che sta ad ascoltare, e loro sono seduti, come saranno sedute anche le lingue di fuoco. Il Suono richiama la Parola che Dio, direttamente o per mezzo di un messaggero, pronunciata dal suo trono (cfr. L’Apocalisse). Se il suono ha a che fare con la Parola significa che questi discepoli stanno ascoltando il messaggio di Dio… e di questo messaggio è pieno il luogo dove si trovano e,  avvolge, riempie la vita di tutti coloro che vi si trovano dentro. È da precisare che l’Amore non è qualcosa di vago, ma ha la sua concretezza nella croce… è lo Spirito di Gesù; e come Gesù si fa corpo e vive nella storia. Questa è l’esperienza del suono. 2. Vedono il (lingue di) Fuoco … il fuoco in questione ha a che fare con la lingua, con il parlare… in seguito parleranno. Questo Spirito viene dalla Parola ed è Parola, è comunicabile; non è statico o forma caotica. Ma è fuoco… dà la vita, un po’ come il sole: dà la vita, riscalda. Questo fuoco è unico e si divide su ciascuno: ognuno lo riceve non in forma individuale, ma in clima comunitario: ognuno ha un dono particolare (cfr. i carismi paolini - 1Cor 12) di Dio che va ad integrarsi con quello degli altri… ma la cosa più bella è che è sempre e solo lo stesso fuoco che si esprime in maniere diverse in base alle capacità e possibilità delle persone: la comunione avviene nella differenza, e nel rispetto per tutte le diversità. Abbiamo la celebrazione della differenza, che va accettata come un dono. In ogni caso vita e amore sono nella differenza. Una volta che si è pieni si trabocca nella testimonianza. E iniziarono/principiarono… sull’esempio di Gesù anche quegli uomini principiano in forza dello stesso Spirito. E dopo si sottolineano altre lingue… non è un fattore di glossolalia, qui dice altre lingue, lingue vere che non sono le loro: ci si intende non perché abbiamo un unico linguaggio, ma dicendo le stesse cose nella propria lingua. Cosa vuole dire? Che la lingua dell’Amore è compresa da tutti e non ha bisogno di essere tradotta o interpretata. Come lo Spirito… la capacità di amore/amare è un dono dello Spirito. v. 5.  L’elenco delle popolazioni… dice come questo evento è diretto e coinvolge tutte le persone: ha valore universale. Queste popolazioni trovano in Gerusalemme la loro unità nella loro differenza. Si fa un’unità nell’Amore rispettando la diversità più totale. È interessante notare come in questa lista ci sono anche gli avversari storici di Israele, per cui tutti tornano ad essere uno… si ricompone l’unità perduta a causa del proprio egoismo. Il frutto dello Spirito è proprio l’unità tra gli uomini, così come fa l’unità in Dio dall’eternità. Ancora, tutti sentono l’azione dello Spirito che agisce tramite coloro che hanno avuto il dono delle lingue e testimoniano. Li sentiva parlare il proprio dialetto (lingua nativa)… cioè la lingua nella quale si è stati generati. Ciò che accomuna tutti coloro che sono legati alla lingua natìa è il nuovo linguaggio dell’Amore… in questa lingua siamo stati tutti generati. Abbiamo una lista… da est a ovest; da nord a sud: si ottiene un segno di croce: le quattro direzioni della terra, i punti cardinali. Tutti sono uno e tutti si capiscono. Qui c’è tutto il mondo nella sua diversità… occorrere comprendere le grandezze di Dio in tutte queste realtà. C’è una ri-creazione dovuta allo Spirito. Cosa proclamano? La grandezza di Dio: che la gente è tutta unita, ci si intende, si vive nella fratellanza. Dio è Padre e vive la sua paternità nella fraternità degli uomini. Occorre far cadere tutte le barriere… la lingua deve accettare le differenze e creare comunione. v. 12. Le reazioni: 1. Stupore; 2. Schernimento. Sono le reazioni più logiche di fronte ad un evento. Inizia in questo momento la storia di Dio nell’umanità attraverso la presenza del Regno di Dio che è in noi sotto le specie del Fuoco, della Parola, dell’Amore. Tutto diventa Lingua, Cammino, Azione, Testimonianza. Ciò dice che tutti gli uomini siamo immersi, battezzati, nello Spirito: respiriamo in Dio e di Dio. Respiriamo questo amore e lo testimoniamo. È questo l’Amore che rispetta tutte le diversità ed è a tutti necessario per poter vivere.       

 

NOTA STORICA:  LA PENTECOSTE EBRAICA

Ascensione e Pentecoste

Luca è l’unico autore che separa in modo apparentemente preciso l’Ascensione,avvenuta dopo che Gesù era apparso loro “per quaranta giorni” (At 1,3) e la discesa dello Spirito, avvenuta nella circostanza della festa ebraica di Pentecoste (At 2,1), celebrata cinquanta giorni dopo Pasqua.

La relativa frequenza del numero 40 nella Bibbia induce a pensare al significato di tale cifra, oltre che alla sua materiale realtà. Il quaranta del linguaggio biblico si può tradurre con: “tutto il tempo che ci vuole per” una data esperienza. Così, il popolo d’Israele vagò nel deserto tutto il tempo che ci voleva per fare esperienza di incontro con Dio, per passare attraverso la tentazione, la caduta, la purificazione ed essere reso pronto ad entrare nella terra. Così, Gesù resta con i suoi dopo la resurrezione un tempo sufficiente perché essi fossero convinti della sua vittoria sulla morte e perché fosse loro fatta memoria dei suoi insegnamenti.

Fino al IV secolo, i cristiani celebravano insieme, in uno stesso giorno, Ascensione e Pentecoste. Infatti costituivano un unico evento: come Mosè era salito al Sinai e ne era tornato con la Legge, così Gesù sale al cielo e invia la legge “scritta nei cuori” che è lo Spirito Santo.

Dal 370 d.C. si ha notizia di una celebrazione distinta, l’Ascensione quaranta giorni dopo Pasqua e la Pentecoste cristiana, cinquanta giorni dopo.

 

La Pentecoste ebraica

In che cosa consisteva la festa ebraica di Pentecoste, in cui avviene la discesa dello Spirito?

Secondo l’Esodo, il popolo d’Israele arrivò al Sinai “al terzo mese” dopo l’uscita dall’Egitto (Es 19,1). Per la tradizione orale, il tempo preciso fu di 7 settimane dopo la Pasqua, celebrata alla vigilia dell’uscita dall’Egitto. Ora la festa che ricorda tale evento si chiama Festa delle Settimane (Shabuòt), perché secondo gli Ebrei Dio ha ordinato di contare sette settimane a partire dal secondo giorno dopo Pasqua. Nella traduzione greca dell’Antico Testamento, la Settanta, tale festa è chiamata Pentecoste, dal termine greco che significa “festa del 50° giorno”. Questo giorno si chiama anche giorno della Promulgazione della Legge, perché sette settimane dopo l’uscita dall’Egitto, secondo la legge orale, Dio diede la sua santa Legge ad Israele. Legge per Israele non è semplicemente precetto, ma insegnamento, rivelazione, tant’è vero che è considerata anche una festa di rivelazione.

Dall’alto della montagna fumante, al fragore dei tuoni e allo splendore dei fulmini (Es 19,16-18), Dio rivolse ai nostri antenati per confidare loro il prezioso tesoro della Torah, la cui base è il Decalogo.

Secondo la tradizione ebraica, se Pasqua è la festa della liberazione del nostro corpo, la Pentecoste lo è della nostra anima. Se i miracoli operati in Egitto hanno avuto come scopo la liberazione dei nostri antenati da una dura schiavitù, dall’oppressione di un popolo barbaro, la legge del Sinai li ha liberati dall’impero degli errori e dell’ignoranza. Il popolo che sette settimane prima aveva ritrovato la libertà materiale e politica, ricevette in questo giorno la sua costituzione, scopo e condizione di questa libertà, che è questo codice prezioso, fonte di luce e di felicità per l’intera umanità.

Quindi Pentecoste nelle preghiere del popolo ebraico è chiamata memoria della promulgazione della Legge.

Come in genere per le feste ebraiche, originariamente anche Pentecoste era una festa agricola, legata a eventi del lavoro dei campi. Ora, cinquanta giorni dopo Pasqua la mietitura del grano era compiuta e già si potevano portare al tempio e consacrare a Dio le primizie di due pani del nuovo grano (Es 34,22). Offrire le primizia era un modo per celebrare la convinzione che tutto era dono di Dio e per rendergli grazie. Così questa festa era chiamata anche “Festa delle Primizie”.

Nel 1° sec. a. C., il riferimento alle primizie scomparve e la festa divenne il memoriale dell’alleanza di Dio con Israele. Secondo il Libro dei Giubilei, tutte le alleanze di Dio con Israele sono state concluse nella festa delle settimane.

C’erano due correnti:

  • quella essenza che considerava Pentecoste festa dell’alleanza;
  • quella farisaica (che s’impose verso il 150 d. C.) che considerava Pentecoste festa del dono della Torah a Mosé.

Sono  del resto accentuazioni diverse di un unico evento: la Torah fu il segno dell’alleanza.

Secondo la tradizione rabbinica, al Sinai la voce uscì e si divise in 70 voci, in 70 lingue, in modo che tutti i popoli la udirono: e ogni popolo la udì nella propria lingua. Luca in At 2 menziona dodici nazioni.

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